giovedì 13 settembre 2012

Chimaira di Valerio Massimo Manfredi

Esistono due anime in Manfredi: una da archeologo e una da giallista d'azione. Quando nello scrittore prevale quest'ultima componente ne escono fuori romanzi come questo, che catturano il lettore e non lo lasciano fino alla fine.
Siamo a Volterra: l'archeologo Fabrizio Castellani deve iniziare degli studi su una statua di bronzo, di provenienza etrusca, chiamata “L'ombra della sera”. Delle telefonate anonime, che gli lo minacciano se non cessa la sua indagina sulla statua lo spaventano. Ma viene ancor di più spaventato dalle uccisioni, nelle campagne di Volterra: una bestia di dimensioni notevoli ha sbranato dei tombaroli, e sono solo i primi. Nei giorni successivi altre morti, sbranate dalla belva, tutte apparentemente legate al ritrovamento di una tomba, i cui rilievi sono stati compiuti da Fabrizio.

Nella tomba scorge i resti di un crudel rituale estrusto, il “Phersu”: quando una persona doveva discolparsi di una colpa particolarmente orribile veniva fatta combattere, con un cappuccio in testa e un braccio legato, contro delle belve. Infatti nella tomba si trovano mischiate assieme le ossa del condannato e quelle di un animale, di dimensioni eccezionali, lasciato assieme all'uomo per straziarne le carni nell'eternità.
Fabrizio si lascia suggestionare da questo ritrovamento: “ben presto quell'oscurità silenziosa risuonava di una nenia lugubre, si animava di presenza oscure, sinistre; spettri ammantati di nero che trasportavano un feretro con sopra i brendelli cruenti, di un grande corpo smembrato. E dietro ringhiava la belva, gli occhi fosforescenti nel buio, schiumante di bava sanguigna, tenuta con lacci e cappi dai bestiari strattonati dalla sua immane possanza. La trascinavano a forza al suo ultimo destino: essere sepolta viva col suo pasto umano che avrebbe dovuto saziarla per l'eternità.”

Contemporaneamente, l'ispettrice delle Belle Arti di Volterra, Francesca Dionisi, con qui Fabrizio è entrato in confidenza, lo mette a conoscenza di una nuova incredibile scoperta: una stele con una doppia iscrizione, estrusca e latina. Sarebbe la chiave per comprendere questa lingua etrusca. Ma in realtà l'iscrizione è una maledizione lanciata nei secoli lontani, ma che agli occhi di Fabrizio e Francesca sembra legata alle morti di quei giorni a Volterra: “che tu sia meledetto sette volte Lars Thyrrens, sia maledetto il tuo seme e siano maledetti tutti coloro che in questa città alimentano l'abominio del tuo potere, siano maledetti fino allafine delle nove ere dei Rasna. Sia maledetta la bestia e siano maledetti coloro che la videro straziare un uomo innocente. Possano essi subire ciò che ha subito un eroe senza colpa e piangere lacrime di sangue....”

Questo libro, dal ritmo incalzante, ha il suo punto forte nel saper combinare argomenti storico-archeologici con aspetti da romanzo d'azione, stimolando la curiosità di chi legge: riuscirà Fabrizio a fermare la maledizione? Quale è il legame tra questi morti e il crimine di cui si parla nella maledizione?

Il link su ibs 
Dicembre 2004

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